Il bambino inizialmente idealizza i genitori, dipende completamente da loro e l’angoscia di frammentazione, di perdita di parti di sé, lo spinge ad identificarsi con essi. E’ l’idealizzazione che permette al bambino di andare avanti, di tollerare la sua impotenza e di identificarsi con l’onnipotenza genitoriale.
Durante l’adolescenza si assiste alla perdita dell’idealizzazione genitoriale. L’idealizzazione si sposta sui altri personaggi (cantanti, calciatori, personaggi famosi o anche gruppi di amici).
Il cinismo è uno degli aspetti che caratterizza la perdita dell’idealizzazione.
I genitori smettono di essere il modello. Nel bambino i genitori rappresentano quello che lui deve essere, in adolescenza, se tutto va bene, diventano quelli che l’aiutano ad essere quello che lui vuole essere.
Può succedere che il genitore non riesca ad identificarsi con il figlio, perché continua a vederlo come il figlio che lui ha immaginato e idealizzato. Hanno difficoltà a vedere il figlio come altro da loro e continuano a soffrire e provare rabbia per le aspettative deluse.
Winnicott parla di madre sufficientemente buona perché è inevitabile che un genitore operi identificazioni proiettive con il figlio. Quello che fa la differenza sono la frequenza, l’intensità e la capacita di riparazione. Sono questi aspetti che determinano il potenziale patogeno della relazione genitore-figlio. Gli oggetti interni (figure genitoriali che abbiamo dentro di noi) possono quindi assumere una connotazione aggressiva e frantumante. L’adolescente non può essere quello che è a causa della forte identificazione con le proiezioni genitoriali, ma non si sente autentico. A questo punto può esprimere il disagio con una varietà di comportamenti: condotte autolesive, onnipotenza, ecc.
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