Bion non è mai facile da leggere ed è meglio leggerlo in gruppo, lo dicono tutti gli psicoanalisti. Anch’io l’ho letto in gruppo. Quello che segue, è quello che si è depositato in me, dalla lettura gruppale di questo libro.
Bion e la griglia
Questo volume inizia con la presentazione della griglia, che Bion propone come uno strumento di mappatura della seduta. E’ costituita da sei collonne:
1.Ipotesi Definitorie; 2.Enunciati falsi; 3. Notazione; 4. Attenzione; 5. Indagine; 6. Azione.
Ed otto righe:
A. Elementi Beta; B. Elementi Alfa; C. Pensieri onirici; D. Preconcezione; E. Concezione; F. Concetto; G. Sistema deduttivo scientifico; H. Calcolo algebrico.
La righe procedono da primitivo a sofisticato e rappresentano l’asse evolutivo. Le colonne rappresentano l’asse dell’uso, aiutando a valutare il i vari elementi della comunicazione lungo un continuum da chiarimento a inganno.
Linguaggio dell’Effettività
Secondo Bion, la ragione esiste per razionalizzare l’esperienza emotiva. Uno dei concetti essenziali è quello di language of Achievement, che nella versione italiana è tradotto con linguaggio dell’effettività, ma che, a mio avviso, non rende bene l’idea di “realizzazione, raggiungimento” del termine “archievement“.
Bion si pone quindi il problema, con la Griglia e il concetto di Linguaggio dell’Effettività di come operativizzare la comunicazione analitica. Seppur, infatti, quello di cui parla l’analista non ha una dimensione spazio-temporale, è necessario, per poter comunicare, che questo sia tradotto in una dimensione spazio-temporale. Il linguaggio dell’affettività parla il linguaggio dei sensi (sensuale), un linguaggio diverso rispetto a quello scientifico. Il modello medico, dice Bion, risulta “opaco e fuorviante” rispetto ai contenuti psicoanalitici. Il medico può vedere, toccare, odorare e sentire, mentre l’analista si deve basare sull’intuizione.
Dalla lettura di questo libro di Bion, mi sembra che il lavoro dell’analista, per come lo propone l’autore, sia rappresentabile dal concetto matematico di limite della funzione:
Limx->O f(x) = ℓ
Il limite è una concetto che permette di studiare il comportamento di una variabile x all’avvicinarsi di x0, che nel nostro caso è il concetto bioniano di O, la Verità, l’inconoscibile. L’analista interpreta (ℓ) il materiale x portato in analisi ed x tenderà sempre più ad O con il procedere dell’analisi. L’interpretazione, che si basa sull’intuizione dell’analista, coinciderebbe con il limite della funzione. Così come il limite della funzione permette di studiare il comportamento di una funzione intorno a un punto, così l’interpretazione permette di vedere cosa succede intorno a O (Verità inconscia). Man mano che ci avviciniamo a O, il valore dell’interpretazione cambia, così come cambia il valore al quale tende la funzione, all’approssimarsi della variabile indipendente a quel punto.
Considerando che gli elementi Beta sono i “non pensieri”, tutto ciò che non è stato possibile pensare, si può immaginare che come il limite della funzione permette di studiare il comportamento di una funzione intorno al punto, così l’interpretazione permette di contenere ed organizzare gli elementi B intorno ad O, trasformandoli in elementi Alfa, cioè elementi pensabili.
La base della pensabilità è la possibilità di tollerare la frustrazione. Una persona in grado di tollerare la frustrazione ha una congiunzione costante, un legame, con qualcosa che non è però in grado di nominare. Chi non tollera il dolore non ha questo legame, ha solo elementi beta ed oggetti bizzarri. Scopo dell’analisi è creare questa congiunzione. Attraverso l’interpretazione, ma non solo attraverso l’interpretazione, si crea questa congiuzione.
Se prendiamo come esempio uno stato mentale depressivo, lo possiamo considerare, dice Bion, il luogo dove si trovava qualcosa che si è perduto. Uno spazio. Se si tenta di rappresentare questo spazio attraverso il pensiero verbale, anche se lo spazio in sé non è conoscibile, può essere rappresentato dai pensieri. Il linguaggio verbale cerca di cogliere la congiunzione costante tra un oggetto e questo spazio. La trasformazione in pensiero può avvenire solo se si è in grado di tollerare la restrizione data dalla rappresentazione, cioè il fatto che la rappresentazione non è la cosa in sé. Per questo è necessario poter tollerare la frustrazione per poter avere la capacità rappresentazionale. Come una mappa per il territorio. La mappa non è il territorio, ma lo rappresenta. Per rappresentare, cioè per cartografare questo spazio, usiamo punti e linee, chi ha una mancanza della Funzione Alfa, non ha i punti e le linee (mentali) necessarie per cartografare e, quindi, rappresentare, questo spazio. Il paziente non può quindi usare punti e linee, ma può farlo l’analista.
Bion parla inoltre di no-thing, distinguendolo dal nothing. Il no-thing indica la mancanza di qualcosa, dove invece sarebbe dovuto esserci. Il luogo della mancanza.
Trasformazione
La trasformazione analitica può condurre ad O a K (Knowledge), ovviamente, sarebbe meglio arrivare tendenzialmente ad O. O, l’ignoto, la Verità, deve essere quello su cui pone l’attenzione l’analista, è questo il vertice psicoanalitico. Nell’evolversi della seduta, e dell’analisi, O si manifesta in K. Nel senso che O può essere conosciuto attraverso la conoscenza che deriva dall’esperienza analitica. L’analista lavora nell’O che è in comune tra lui e il paziente. Ricordi e desideri impediscono la trasformazione di K in O. Con una disciplinata negazione di memoria e desiderio è possibile avere l’ “atto di fede” (F). La trasformazione in K deve essere sostituita dalla trasformazione in O e K deve essere sostituita da F. Le impressione sensoriali devono essere sostituiti da una sorta di esperienza mistica. In questo senso, l’analisi si differenzia, secondo me, dalla psicoterapia. Là dove la psicoterapia è un lavoro in K, l’analisi è anche un lavoro in K, ma soprattutto in O.
In analisi avviene quello che Bion chiama il cambiamento catastrofico, che riguarda il passaggio dal dominio del principio di piacere a quello di realtà. Questo passaggio implica anche la perdita del controllo sul piacere/dolore. Ad esempio, un paziente paranoide, se abbandona l’idea della persecuzione da parte degli altri, entra in contatto con la sua invidia e il suo senso di mancanza (l’invidia nasce sempre dalla mancanza), questo costituisce, inevitabilmente, un passaggio doloroso.
L’analisi ha a che fare con le situazioni di base, che sono nascita, dipendenza, accoppiamento e guerra. A queste situazioni di base corrispondono le emozioni di base (amore, odio e terrore). Queste emozioni, legate alle situazioni di base, nell’analisi, vengono stimolate sia nel paziente che nell’analista. Per Bion, la tecnica deve acutizzare il sentire amore, odio e terrore, fino a diventare quasi insopportabili. Ed è questo che “ha a che fare con la psicoanalisi”. Situazione analitica e il compito analitico sono connessi alla stimolazione di questi sentimenti basici e primitivi. Quindi, una terapia che non provoca questi sentimenti, non ha a che fare con l’analisi.
Perché per Bion è necessario eliminare memoria e desiderio dalla mente dell’analista? Come il nevrotico si preoccupa di mostrare la razionalità dei propri aspetti nevrotici, così lo psicotico si preoccupa di mostrare il chiaro significato simbolico (chiaro per lui) degli eventi e delle loro congiunzioni. Le congiunzioni tra eventi non possono essere fortuite e casuali, quindi lo psicotico deve saturare D (nella Griglia, preconcezione, aspettativa). Quindi, paradossalmente, tutto diventa simbolico seppur la persona non è più in grado di simbolizzare.
Quello che fa lo psicotico (saturare D) è l’esatto contrario di quello che si propone di fare Bion quando cerca un distacco dalla realtà attraverso l’eliminazione di memoria e desiderio. L’attenzione dello psicoanalista deve essere, infatti, sull’ignoto, non su quello che è stato scoperto. Indugiare su questo, sul ricordo, significa indugiare su qualcosa che non è più importante. Secondo Bion, anche il desiderio rende invisibile O, l’inconoscibile, che può essere illuminato solo dalla cecità.
Memoria sognante
A questo punto Bion paragona O ad un negativo fotografico, che non può prendere forma se non in camera oscura. Se entra luce (memoria e desiderio), il negativo si brucia. L’assetto mentale dello psicoanalista deve essere quello della “memoria sognante” (dream-like memory), cioè il ricordo dei sogni che fluttuano nella mente senza sforzo di ricordarli e che, nello stesso modo, fuggono dalla mente. Senza intenzionalità. I fenomeni psichici non sono sensoriali, ma senza forma, intangibili, invisibili, inodore e senza gusto. Il sogno è presente quando O è evoluto abbastanza da poter essere rappresentato da un’esperienza dei sensi. Il sogno psicotico, invece, non è una rappresentazione, ma pura esperienza dei sensi. Anche il materiale della seduta deve essere trattato come un sogno, per questo poche annotazioni di un sogno, così come poche annotazioni di una seduta, appaiono vuote di realtà.
Quello che è avvenuto in seduta, non ha più importanza dopo l’interpretazione. L’analista sarà capace di interpretare, quanto più sarà in contatto con la realtà dell’esperienza psichica, cioè con O. Prima dell’interpretazione si crea una specie di tensione, che immagino come la tensione che si crea tra cationi e anioni in prossimità. Una volta che la trasformazione chimica si è svolta, cioè una volta che l’analista ha interpretato, a quel punto cationi e anioni hanno perso la loro carica instabile. Ed è così con l’interpretazione.
Per accrescere la “memoria sognante“, conclude Bion, è necessario sacrificare memoria e desiderio. Altrimenti si ostacola la trasformazione K->O.
Un altro contributo importante di questo libro di Bion, è l’individuazione delle possibili modalità relazionali. In tutti i rapporti contenuto/contenitore, individuo/gruppo, analizzando/analista, possono essere messe in atto tre modalità relazionali:
- CONVIVIALE, in cui l’esistenza di uno, non è un pericolo per l’altro. I due oggetti ne condividono un terzo, a vantaggio di tutti e tre.
- SIMBIOTICO, dove esiste un contrasto che stimola la crescita. Uno dipende da un altro, per reciproco vantaggio.
- PARASSITARIO, ambedue vengono distrutti a causa dell’invidia. Uno dipende da un altro, per produrre un terzo, che risulta distruttivo per tutti e tre.
Il linguaggio è un contenitore per l’emozione che si vuole comunicare, che è il contenuto. Un discorso incoerente è frutto di un rapporto parassitario tra contenuto e contenitore, che hanno creato un terzo, l’incoerenza. Il rapporto simbiotico porta ad uno sviluppo della capacità di espressione e della personalità che cerca di esprimerlo. Nella relazione conviviale sia ha un linguaggio condiviso.
Nel corso dell’analisi il rapporto K/F deve essere sempre più piccolo. Questo significa che K, la conoscenza, deve diventare più piccola rispetto ad F, l’atto di Fede.
La Bugia
Bion parla inoltre di bugia. Ci troviamo nella colonna 2 della Griglia, quella degli enunciati falsi. La bugia provoca sempre un vantaggio, dipende da un “tumulto psicologico”. L’analista può essere portato ad essere collusivo e non intaccare la bugia del paziente. L’analisi può anche arrivare a fare progressi lusinghieri. In questo caso sia analista che paziente colludono a difesa della bugia e del relativo tumulto. Quello tra bugia e bugiardo è un rapporto parassitario (-K). E’ il caso di quelle analisi in cui l’analista è troppo compiacente con il paziente, entrambi hanno paura di affrontare il cambiamento catastrofico.
In definitiva, secondo Bion c’è un continuo tendere, in seduta, ad O. Attraverso il linguaggio è possibile lavorare in K, ma nel corso della seduta succede altro, un altro non esprimibile e mappabile da K, che riguarda il contatto della coppia analitica con O, che avviene attraverso l’interpretazione, ma non solo.
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