Il disturbo alimentare ha un’insorgenza sempre più precoce. Non è facile valutare un bambino o un adolescente che mostra segni di anoressia nervosa. La maggior parte delle persone con questa condizione soffre in silenzio e i genitori non sono sempre disposti a riconoscerne l’esistenza.
Il Disturbo Alimentare si può definire come un “urlo silenzioso”, che si colloca tra il bisogno di validazione del proprio valore e della propria identità e l’evitamento della crescita. E’ una crocifissione silente quella con cui l’analista viene chiamato ad empatizzare.
Uno dei sintomi più evidenti dell’anoressia nervosa è la perdita di peso (senza un motivo apparente). Se hai notato questa situazione nella tua famiglia o in qualcuno che ami, è importante che superi un sentimento molto comune e cerchi aiuto: la vergogna.
Cosa si intende per Anoressia Nervosa
Si definisce Anoressia Nervosa un disturbo alimentare che consiste nella apparente mancanza di appetito, con il conseguente calo ponderale.
Le persone affette da questo disturbo si sentono inadeguate e insicure, e pensano continuamente a come dimagrire, dando per scontato che essere magre sia sinonimo di bellezza. La persona anoressica non accetta il proprio corpo così com’è, ma ritiene che ci sia qualcosa da migliorare e va quindi in cerca di regimi dietetici sempre più restrittivi per eliminare i grassi superflui dal proprio organismo.
Un’angoscia interna indefinibile e senza nome, diventa qualcosa di definito e controllabile, proprio attraverso il disturbo alimentare.
L’anoressia nervosa è una malattia grave, che può portare alla morte se non trattata tempestivamente: le persone affette da questa patologia sono solite conteggiare minuziosamente le calorie ingurgitate quotidianamente (spesso al fine di stabilire quantità limitate o addirittura insufficienti) ed effettuano attività fisiche sempre più intense nel tentativo di bruciarle tutte; tale comportamento scoraggiamento le rendono incapaci di nutrirsi adeguatamente e provoca un calo ponderale anomalo (che va dai 5% fino al 30%).
Cosa si intende per Bulimia?
Per Bulimia nervosa si intende un disturbo alimentare caratterizzato da episodi di abbuffate seguite da vomito o purgazione. La bulimia è una patologia che colpisce soprattutto le donne, ma non mancano casi in cui il disturbo viene diagnosticato anche negli uomini.
La bulimia è una malattia.
La bulimia è un disturbo psicologico.
La bulimia è una dipendenza da cibo.
La bulimia è una dipendenza da fame: il/la paziente vuole mangiare, ma sa che non dovrebbe farlo e quindi si sente frustrato/a o in colpa per aver mangiato troppo o per non riuscire a controllare la sua fame; se il cibo può calmare le sue paure, preoccupazioni o sensazioni di ansietà, il/la paziente lo assocerà al piacere e allora desiderarlo diventerà ancora più forte (dipendenza).
Psicoanalisi e disturbo alimentare
Il disturbo alimentare insorge quando una angoscia di inadeguatezza indefinita e pervasiva diventa più tollerabile nel momento in cui il controllo del corpo e dell’alimentazione fornisce un’illusione di controllo di tale angoscia. Il nucleo intrapsichico riguarda la separazione dal mondo familiare e la costruzione di un’identità differenziata. Quando la separatezza dalla madre non è stata raggiunta nel momento evolutivo appropriato, si ripresenta come problematica nel momento della pubertà. In adolescenza vengono al pettine i nodi di una fragilità psichica costruita durante l’infanzia, un deficit nelle relazioni primarie. Proprio a causa della capacità di mentalizzare, il conflitto intrapsichico si sposta in un attacco al corpo.
I sintomi e le rappresentazioni fisiche ci permettono di drammatizzare e rappresentare esternamente esperienze interne che non possono essere simbolizzate attraverso il linguaggio verbale (McDougall, 1985, 1989). Questo tipo di sistema di rappresentazione non verbale fornisce una via per lo scambio di significati inconsci o non elaborati (Charles, 2002), ma può anche sovvertire lo sviluppo eludendo il dominio del linguaggio (Apollon, Bergeron, & Cantin, 2002).
Nel disturbo alimentare c’è spesso una problematica di separazione/fusionalità con l’altro. Quando l’esperienza del sé con l’altro è quella di uno scollamento (Bion, 1977) o di una “caduta in pezzi” (Klein, 1946/1975, p. 4), ci troviamo di fronte al dilemma di come si possano formare legami significativi tra due esseri separati senza sommergersi o altrimenti distruggere il sé o l’altro.
Perché rivolgersi ad uno psicoanalista
Il disturbo alimentare, nelle sue forme più gravi, si inserisce su una struttura di personalità problematica e necessita di una ristrutturazione profonda della stessa. Se la risoluzione del disturbo avviene solo attraverso strategia comportamentali, il rischio è che, pur modificando il comportamento, la prigionia mentale dell’anoressica rimane inalterata e la mente continua ad essere pervasa da pensieri di controllo del corpo e del cibo. Come dice Farrell: “il problema sia per le anoressiche che per le bulimiche è come creare un legame utile e duraturo, un legame interno con un oggetto che possa in qualche modo essere considerato buono” (1995). Per questo motivo non è possibile curare il disturbo alimentare con un trattamento a bassa frequenza (max 1 volta la settimana): solo un’analisi ad alta frequenza (4 o 5 volte a settimana) può arrivare a ricreare un oggetto interno positivo, stabile e duraturo. La relazione analitica fornisce un mezzo per venire a patti con la propria soggettività, per interiorizzare un senso di sé, dell’altro e della relazione più adattivo e per costruire un sé più forte e più resistente.
Ilaria Sarmiento, psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoanalisi, si occupa della cura dei disturbi alimentari attraverso la terapia psicoanalitica, analizzando il rapporto tra i sintomi fisici e le dinamiche inconsce che li sottendono. Si rivolge a chi desidera superare una situazione di dipendenza da cibo per riacquistare un equilibrio interiore.
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