Il lieto fine della favole prevede che vissero tutti felici e contenti, sottintendendo “tutti insieme”, purtroppo questo non è sempre possibile e, a volte, nemmeno auspicabile. Le speranze più o meno implicite che l’arrivo di un figlio possa sanare le angosce profonde di una coppia già in crisi sono solitamente deluse e, contrariamente alle rosee aspettative, è più probabile che la crisi precipiti. Un ulteriore richio è che una vita coniugale insoddisfacente faccia diventare il figlio una discarica della propria frustrazione. Il bambino diventa oggetto di investimenti affettivi che dovrebbero essere destinati al partner, il quale diventa marginale ed è tagliato fuori dalla relazione. A volte appare evidente quando un figlio sia depositario del soddisfacimento narcisistico del genitore, che vive attraverso la vita del figlio. Una vita che viene mostrata a tutti, quasi come se i suoi successi, i suoi lati positivi, scandissero essi stessi la vita del genitore. Genitori totalmente identificati con il ruolo di padre o madre, quasi che questo diventi unica ragione di esistenza, senza rendersi conto dell’intrusività traumatica nella vita emotiva del figlio. Ad un certo punto uno dei genitori comincia a parlare di separazione, perché si innamora di un altro/a, perché non è disposto a vivere in un clima di insoddisfazione e tensione, più raramente si giunge insieme alla decisione. La separazione porta ad una scissione tra coniugalità e genitorialità, scissione che ha inevitabili ripercussioni sia nei genitori che nei figli. Nella famiglia, infatti, si giocano le reciproche identificazioni ed è essa stessa depositaria e contenitore delle emozioni dei suoi diversi componenti. La separazione si accompagna, quindi, allo sgretolarsi di questo contenitore, e le emozioni, esacerbate dal vissuto traumatico del momento, possono non trovare più un luogo dove essere contenute, comprese e trasformate. Le separazioni non consensuali creano maggiori problemi. Quando c’è una separazione, genitori e figli devono accettare il fatto che si trovano davanti ad una separazione permanente. A volte, i genitori sono accecati dai loro bisogni narcisistici e non riescono a vedere l’impatto delle loro difficoltà sui figli, che possono essere usati e manipolati per alimentare il senso di colpa del coniuge che ha deciso di separarsi. Per i genitori la separazione è sempre una ferita narcisistica, ma le evidenze scientifiche mostrano come divorzi vissuti con l’ostilità dei genitori, conducono a ripercussioni negative nella vita dei figli (Wallerstein, Lewis, & Blakeslee, 2000), per questo è importante che i genitori si facciano aiutare se non riescono a contenere ed elaborare il loro vissuto di dolore. Il pericolo è che di fronte all’iperstimolazione emozionale, dovuta all’aggressività, rabbia, delusione e infelicità dei genitori, il bambino si trovi inerme, non trovi nei genitori la capacità contenitiva e trasformativa dei suoi vissuti e questo può portare ad una sintomatologia psicopatologica nell’infanzia o nell’età adulta (Spotnitz, 1987). Lo sforzo dei genitori deve essere quello di ricreare un ambiente sano per i figli, astio, odio, delusione e disprezzo devono trovare altre vie di espressione ed elaborazione, i conflitti devono essere risolti. Il bambino non deve sentire che la rabbia è un sentimento che porta allo scioglimento delle relazioni, non deve temere di sentirsi arrabbiato con i propri genitori. La questione spesso controversa è se i genitori devono rimanere insieme per il bene dei figli. C’è una buona evidenza scientifica che mostra come sia preferibile vivere con un solo genitore, piuttosto che sopportare la conflittualità pur di continuare a vivere con entrambi i genitori. Cosa fare, quindi, quando si è deciso di separarsi? Intanto, è necessario usare un linguaggio comprensibile all’età del bambino ed è necessario ricordare che deve essere rassicurato con i fatti, più che dalle parole, vedere che la relazione tra lui e genitori è mantenuta, anche se non vivono più tutti insieme. I genitori devono mettere sempre al primo posto il bene dei figli, davanti a loro devono controllare le proprie reazioni emotive. Anche in seguito alla separazione, il figlio non deve diventare il serbatoio della propria consolazione, non bisogna ricercare nel figlio l’amore che è venuto a mancare dal partner. E’ bene chiarire che la separazione è un evento doloroso, ma che diventi o meno traumatico, dipende dal grado di elaborazione dei genitori e dal modo in cui viene gestita. I figli non devono diventare degli alleati, o delle spie della nuova vita dell’ex-partner e non sono loro, ma gli adulti, che devono scegliere, non devono essere responsabilizzati nelle scelte. Si deve, inoltre, evitare di alimentare false speranze, offrire occasioni in cui possano immaginare di poter riavere la famiglia di un tempo. Le rassicurazioni, se i figli sono piccoli, devono essere orientate a far capire che sono cose che succedono tra gli adulti, il rischio è che il bambino possa pensare che il genitore va via perché lui è stato cattivo e che questo possa succedere anche con l’altro genitore. I messaggi devono essere chiari, coerenti e semplici da parte di tutto il nucleo famigliare. Spesso, i genitori si sentono in colpa per il dolore che fanno vivere ai figli, allora possono essere tentati di mettere in atto comportamenti compensatori, come privilegi o regali. E’ importante che la linea educativa rimanga comune e condivisa da entrambi i genitori. Infine, è auspicabile che, se vuole, il bambino si senta libero di poter parlare della separazione, che non lo percepisca come un argomento tabù, che arreca dolore e di cui è bene non parlare.
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