Quella attuale sembra essere lâera del narcisismo, unâepoca in cui selfie, blog e social network permettono di ritagliare lâimmagine su misura del proprio ideale, nella quale specchiare solo le parti di sĂŠ che si desidera mostrare agli altri e, forse, anche a se stessi. Eâ pertanto impossibile non interrogarsi su questo tema attraverso le domande e le riflessioni stimolate dal volume curato da Marina Breccia, Narciso e gli Altri (ed. Alpes), recentemente comparso sugli scaffali delle librerie dedicati alla psicoanalisi. Un libro che guida i lettori attraverso un lungo e appassionante viaggio a partire dalle origini del mito. La prima parte, Intorno al mito, illumina da differenti angolazioni il mito di Narciso. Giulia Poggi racconta la commedia mitologica Eco y Narciso di Calderon de la Barca, e offre una rappresentazione del mito secondo il quale Eco e Narciso, vittime una della propria voce, lâaltro della propria bellezza, sono condannati allâimpossibilitĂ di amare. Eco non può che ripetere le parole altrui e Narciso non può che avere se stesso come oggetto d’amore. Non esistono ascolto e sguardo verso lâaltro da sĂŠ. Continuando sul filone storico-mitologico, Antonio Prete ci mostra Narciso nella letteratura e nella poesia nel corso dei secoli, mentre Valeria Egidi Morpurgo ci traghetta dalla letteratura alla psicoanalisi, attraverso la metafora dello specchio, quale simbolo di riflessione e ripiegamento su se stessi, attraverso lâauto-contemplazione della propria immagine. Ripercorrendo gli scritti di Freud alla ricerca di Narciso, apparso per la prima volta nel Leonardo (1908), vengono evidenziate le relazioni tra opera artistica e clinica. In particolare, Freud tratta della tecnica del rispecchiamento, del âfarsi specchioâ in analisi, attraverso cui lâanalista rimanda al paziente ciò che da questi stesso arriva. Ancora, Freud ripercorre il tema dello specchio nella pittura olandese delle Vanitas, dove esso diventa simbolo di precarietĂ e caducitĂ della vita, in rapporto allo scorrimento del tempo. Il contributo psicoanalitico sul Narcisismo aiuta ad ampliare la comprensione dellâopera artistica e letteraria e, viceversa, il racconto letterario contribuisce ad ampliare il significato della clinica. Eâ in questâottica che Antonio Alberto Semi evidenzia come il Narciso di Ovidio sia ricomparso, non solo a livello individuale, ma anche a quello sociale, dove lâaltro non solo non è visto, ma non è neanche sentito, poichĂŠ il soggetto resta concentrato su una sorta di Echismo, dove lâorecchio è teso per udire esclusivamente il proprio suono, la propria musica, che si fa specchio, ipotizzando unâalleanza perversa tra Eco e Narciso. Sempre ripercorrendo Freud ma questa volta con i verbali delle âriunioni del mercoledĂŹâ dei primi psicoanalisti, Arrigo Stara traccia in una visione ampia, che comprende il percorso storico, artistico e letterario, le diverse diramazioni del Narcisismo e le influenze del pensiero freudiano di quegli anni. Nello sfumarsi di significati tra opera di Freud e mito di Narciso, Marina Breccia si occupa di un altro aspetto del poliedro narcisistico, riportando il discorso sulla relazione oggettuale e sulla diatriba riguardo allâesistenza o meno di un Narcisismo primario. In questa ricerca dellâorigine della relazione dâoggetto, si pone il problema non solo dellâassenza di oggetto, ma dell’investimento del vuoto oggettuale, come quello della madre morta di Green (1992). Rileva, inoltre, l’importanza del collegamento tra mito di Narciso e di Edipo, cosĂŹ comâè stato rilevato e analizzato anche da altri autori che l’hanno preceduta, lĂ dove un superamento del conflitto edipico, implica un ridimensionamento narcisistico. Si apre poi la parte su la malattia, dove sono prese in esame alcune manifestazioni del narcisismo nella sintomatologica patologica. Giuseppe Civitarese, partendo dal Daisen di Heidegger, propone di pensare al paziente come prodotto e autore della realtĂ e individua il substrato narcisistico dellâipocondriaco, che presenta una parte di sĂŠ impossibilitata a entrare in contatto con l’altro. Nel continuo guardare al proprio corpo, un ripiegamento sul sĂŠ, che si ritrova anche nella ricerca della perfezione estetica e nella virtualitĂ dei rapporti, in unâossessiva ricerca di un annullamento della possibilitĂ di relazione con lâaltro, sentita come contagiosa. Per Rita Corsa, il narcisismo può essere visto non solo come espressione di patologia, ma anche come una modalitĂ con cui è possibile affrontare la malattia. Narcisismo, negazione onnipotente e speranza, rappresentano “gli ultimi bastioni eretti dalla mente per fronteggiare l’angoscia di morte” (p.83). E’ la speranza, che attraverso il diniego e il narcisismo, permette di arginare l’angoscia di morte, senza speranza diventa impossibile affrontare la vita. E’ nell’illusione e nella speranza che il bambino riesce a separarsi, nellâillusione di creare lui stesso lâoggetto. Proseguendo il discorso sulla funzionalitĂ del narcisismo nel fronteggiare l’angoscia di morte, Malde Vigneri esplora il narcisismo dellâanalista in quel tempo prossimo alla morte, in cui “[…] riflette nell’altro, come Narciso nello specchio d’acqua, ciò che di se stesso è prossimo ad abbandonare” (p.98). Il narcisismo, di fronte alla morte che sta per sopraggiungere, diventa l’ultima possibilitĂ di aggrapparsi alla vita, esaltando il proprio sentimento di sĂŠ e proiettando nel tempo il proprio Ideale dellâIo. Attraverso, invece, lo svilupparsi di unâonnipotenza narcisistica, può altresĂŹ condurre a un non riconoscimento della realtĂ e alla negazione della morte. Un narcisismo che permette di affrontare lâineluttabilitĂ del destino, quello della morte, ma anche della differenza tra i sessi. Infatti, argomenta Amalia Giuffrida, âil narcisismo [âŚ] legato comâè al destino delle pulsioni, e quindi per via del suo legame con il corpo, può presentare delle specificitĂ in stretta relazione con le differenze anatomicheâ (p.115). Passando da Giocastra a Lou Andeas SalomĂŠ, viene indagata la peculiaritĂ del narcisismo femminile attraverso lâanalisi del complesso di castrazione nella bambina e del potere creativo della maternitĂ , in una scissione fondamentale che ânon può che essere il segno di unâinconciliabilitĂ : la donna è fallica e castrata contemporaneamente e il suo essere si nutre di questa aporia insanabileâ (p.118). Spostando nuovamente lâattenzione sulla figura dellâanalista, Domenico Chianese e Adamo Vergine ci fanno assistere al loro dialogo epistolare, partendo dalla motivazione che spinge lâanalista a voler curare lâaltro. Nellâavvio di unâanalisi, câè un incontro-scontro di due narcisismi che gradualmente apre a una possibilitĂ di reciproca contaminazione in cui lâanalista deve essere âdisponibile a farsi âusareâ dal paziente perchĂŠ egli possa divenire attraverso lâesperienza analitica quello che lui stesso può essereâ (p.138). Dalla stanza di analisi, passiamo ai fenomeni socio-gruppali con Pietro Rizzi che individua la stessa area narcisistica alla base dei fenomeni dittatoriali e di ribellione, dove sono assenti lâelaborazione del lutto e la possibilitĂ di sublimare il senso di colpa, in unâillusione di movimento, allo scopo di salvare la madre-patria, che conduce allâimmobilitĂ . Dal gruppo si passa alla famiglia e alle sue dinamiche interne. In particolare, viene evidenziato come il legame genitori-bambino piccolo, costituisca una prima forma di narcisismo gruppale. Anna Ferruta, facendo riferimento a KaĂŤs, che ha individuato nella gruppalitĂ incoscia uno degli elementi costitutivi dello psichismo soggettivo, pone la questione dellâindebolimento del vitale processo di soggettivazione, che si basa sullâappartenenza narcisistica e sul sistema rappresentazionale. Ci parla di aspetti di sĂŠ che vengono bloccati, soppressi o evitati, resi narcisisticamente estranei, in un tentativo di eliminare lâalteritĂ interna. LâalteritĂ non può però essere soppressa o narcisisticamente evitata, senza che questo metta a repentaglio il positivo esito dei processi dâintegrazione della personalitĂ . Sempre nellâambito dellâanalisi delle dinamiche interne alla famiglia, Anna Maria Nicolò focalizza lâattenzione sulla figura del padre e sul ruolo nel narcisismo femmineo delle anoressiche. Nellâanoressia, si assiste a un aggrapparsi al corpo per non rifondersi con la madre, una madre che è stata ampliamente descritta nella letteratura psicoanalitica sullâanoressia, a discapito di un padre che appare spesso bloccato nellâinvestire di desiderio la moglie e la figlia. Un padre, che non riconoscendo la figlia come donna sessuata, le nega il diritto ad acquisire unâidentitĂ di donna adulta. Proseguendo a indagare le fallace nel processo di formazione di un narcisismo sano, fondamentale nella costituzione dellâimmagine di sĂŠ, Maurizio Balsamo affronta il concetto di narcisismo dal punto di vista di Green (1992), il âcomplesso della madre mortaâ, dove il materno non vivifica e simbolizza il vissuto dellâinfante. Si assiste a un ripiegamento dellâoggetto-madre su un oggetto indifferenziato, a una lacerazione nella costruzione dellâimmagine di sĂŠ, originata da un disinvestimento narcisistico o depressivo della madre sul bambino. Una madre, continua Sandra Maestro, che può guardare al figlio solo come prolungamento di sĂŠ; un figlio, quindi, che si trova nellâimpossibilitĂ di rinunciare allo sguardo della madre. Diventa allora, come nellâadolescente anoressica, una madre interna da cui è impossibile separarsi, una madre dallo sguardo pietrificante. Infine, Caterina Sbrana e Marina Breccia ci introducono nel mondo del SĂŠ nel tratto artistico, in particolare attraverso lâautoritratto di Borges che, da cieco, cerca di cogliere ciò che non è afferrabile, e di mostrarcelo. Vorrei terminare ponendo lâaccento su come i contributi di questo libro siano riusciti a evidenziare il tema del narcisismo da vari vertici di osservazione, grazie a una ricca rete di legami che ha indicato i punti di incontro e di dialogo reciproco tra psicoanalisi, poesia, arte, e letteratura.
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